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 Amiata Piano Festival 2016 — Baccus — Giovedì 30 giugno

Recital CanTANGO

Omaggio a Schipa e Gardel

1) ARRABAL Y BARRIO

“Chocio intro (Strumentale)
Carlos Gardel (1890-1935): “Melodia de arrabal”
Gardel: “Arrabal amargo”
Tito Schipa (1888-1965): “El gaucho”
Gardel: “Si chiusero i suoi occhi”
Gardel: “Mi Buenos Aires querido”

Medley Gardel (Strumentale)

2) MILONGA Y BOLICHES

Gardel: “Tomo y obligo”
Schipa: “Ojos lindos y mentirosos” dal film “Tre uomini in frak” (Mario Bonnard, 1933)
Gardel: “Cuesta abajo”
Gardel: “Volviò una noche”
Gardel: “El dia que me quieras”

3) CINEMA Y TANGO

Schipa: “El coqueton (Strumentale)
Gardel: “Silencio” dal film “Melodia de arrabal” (Louis J. Gasnier, 1933)
Gardel: “Volver” dal film “El dia que me quieras” (John Reinhardt, 1935)
Gardel: “Lejana tierra mia” dal film “Tango Bar” (John Reinhardt, 1935)
Schipa — Mancini: “Esperanza”
Gardel: “Por una cabeza” dal film “Scent of a woman — Profumo di donna” (Martin Brest, 1992)
Armiliato — Mocata: “Tango cantor” (dedicata a Schipa e Gardel)

Fabio Armiliato: tenore
Fabrizio Mocata: pianoforte e arrangiamenti
Brad Repp: violino
Simone Tolomeo: bandoneon
Camila Langue Cipoletta: contrabbasso
Natalia Bolani: voce recitante
Los Guardiola: ballerini

 

 

Protagonista della serata del 30 giugno è il linguaggio del tango, espressione di vita, armonia, rispetto dei ruoli sia nel ballo che nella vita. Il tango non rappresenta soltanto un genere musicale e una danza in tempo binario, originaria della regione del Río de la Plata, ma una poetica, un inconfondibile stile di vita trasfuso nel dialogo corporale col partner. Non è nemmeno facile definirlo ma lascia aperti larghi ed eventuali orizzonti sin dal nome, che non si sa chi abbia concepito né è noto di preciso perché sia stato adottato. Tango, da tangere, “toccare”, esprime tutto il suo mondo nel contatto fisico, nell’intima complicità tra due esseri umani che diventa epica e fato. Di certo è dispensatore di forti emozioni con la sua matrice popolare e l’utilizzo insieme di musica, danza, testo e canzone. Ed è proprio la complessità, la ricchezza di sfaccettature espressive di questa forma d’arte e di vita quella che il Recital CanTANGO vuole sottolineare. Il tango è un bellissimo sentiero che conduce a quel vortice di sensazioni che trascina con forza nella poesia, nella passione e l’amore, motori della vita. Tutto ciò che in musica è energia vitale, aiuta a portare in luce la sua potente visceralità, non deve quindi sorprendere se Fabio Armiliato, uno dei più importanti tenori della scena lirica internazionale, forte di un’intensa vocalità e un registro acuto impressionante per potenza ed estensione, mette al servizio la sua arte per la tango canciòn. Chi ha avuto la fortuna di essere stato presente al Forum Bertarelli ha potuto assistere a uno spettacolo eterogeneo, multiforme, in cui sensorialità e sensualità l’hanno fatta da padrone.
Proiezioni video sul grande schermo che sovrastava il palco, un grande tenore, pianoforte, violino, bandoneon, contrabbasso, la voce recitante di Nadia Bolani e una coppia di ballerini straordinari come i Los Guardiola sono diventati sul palcoscenico una cosa sola, suoni e immagini che penetravano nel favoloso mondo del tango, quanto basta per accompagnare il pubblico verso affascinanti mete, lontane eppur così vicine. Con il Recital CanTANGO ancora una volta il concetto di “Crossover” emerge all’Amiata Piano Festival, come intersezione di generi diversi, questa volta tra opera lirica e tango. Tuttavia, per trasmettere efficacemente delle intense emozioni bisogna prima sentirle nel proprio intimo, sulla base di una sensibilità che non può essere casuale. Nelle note biografiche di ciascuno degli artisti che hanno partecipato al progetto, c’è una costante che richiama alle suggestioni della terra Argentina. Fabio Armiliato si è dedicato con ardente passione alla tango canciòn, composizione lirico-musicale rispondente al carattere ritmico ed emotivo della musica e del ballo da cui prende ispirazione. Natalia Bolani, attrice e cantante, inizia la sua formazione artistica con lezioni di danza classica, jazz e flamenco in Uruguay e in Spagna. Camila Langue Cipoletta si è diplomata in contrabbasso presso il conservatorio di Cordoba, in Argentina. Il pianista Fabrizio Mocata, siciliano, ha un percorso artistico che oscilla tra il jazz, la classica e il tango. Vive tra Europa e Sud America, molto apprezzato come solista a Buenos Aires, Medelin, Montevideo. Simone Tolomeo, dopo essersi avvicinato alla musica popolare mediterranea, al blues e al jazz, si dedica con passione al tango studiando bandoneon con Federico Pereiro e Rodolfo Medeiros. In seguito ha suonato regolarmente negli spettacoli del Cafè Tortoni, Esquina Carlos Gardel e del Metro di Buenos Aires.
Brad Repp, violinista statunitense, ha dimostrato di aver perfettamente assimilato la poetica e il linguaggio del genere argentino. Per terminare, una coppia di ballerini, i Los Guardiola, che sono la quintessenza e tra i maggiori artisti contemporanei del tango. Marcelo Guardiola è nato a Buenos Aires, attore, ballerino, musicista e regista di teatro ha sfoderato nel corso del Recital delle formidabili doti mimiche, tanto da rendere inutile l’utilizzo della parola. Da innovatore, nel 1999 ha creato la ricerca teatrale “Tango Teatro”, un laboratorio di spettacolo che racconta storie attraverso l’unione e il dialogo del mimo e della danza. Sua compagna d’arte è Giorgia Marchiori, ballerina, coreografa, attrice e dottore in filosofia. La coppia ha portato la sua arte senza parole in tutto il mondo. Nella penombra dell’auditorium Natalia Bolani va sul palco, ponendosi di fronte a un leggio che ha una storia non comune: fu regalato da Luciano Pavarotti a Fabio Armiliato. Con voce cristallina annuncia che la serata è dedicata al tango, o meglio, alla canzone del tango. Ci accompagnerà prendendoci per mano nel corso di questo splendido concerto, come fossimo dei bambini imbambolati da luci e suoni. “Questa notte sarò per voi l’anima del tango e vi accompagnerò in una passeggiata nel tempo di quasi cento anni, sull’onda delle più belle melodie del suo repertorio”. Nelle sue parole l’invito a un tentativo: “Provate insieme anche a riscoprire quella radice italiana che in qualche modo ha contribuito alla sua crescita. Lo faremo utilizzando la formula del “recitar cantando”, la definizione che sintetizza l’unione della parola con il canto per raccontare una storia in musica. Ritroviamo questa formula espressiva anche nel tango. Per comunicare agli ascoltatori le emozioni raccontate nel testo e nella musica delle sue canzoni. Quindi recitar cantando si trasforma questa sera per voi in recitar CanTANGO, per dar vita a una serata piena di musica, di melodie, di voce, di ritmo ma anche di bellissime poesie e di tanta, tanta passione!”
In realtà le voci recitanti erano due perché Fabio Armiliato si è sdoppiato tra canto e parola, alternandosi a Nadia Bolani è entrato anche lui nel vivo del discorso fornendo spiegazioni, spunti storici e avvincenti addentellati culturali dell’epoca. Il Recital vuole omaggiare il nome di due grandi personaggi: Tito Schipa e Carlos Gardel, nell’unione tra la danza argentina con l’opera lirica. Tutti conoscono Tito Schipa come uno dei più grandi tenori della storia ma pochi sanno che è stato anche un apprezzatissimo compositore e ha scritto un’operetta, molte canzoni, pezzi sacri, dedicandosi anche alla tango canciòn proprio negli anni in cui emergeva la grandezza di Carlos Gardel. Gardel è considerato il creatore del tango canciòn, un artista dalla vita breve, scomparso nel 1935 a soli 44 anni. Dotato di enorme carisma, studiò canto anche sotto la guida di Tito Schipa e le sue interpretazioni ricordano, in effetti, qualcosa del grande tenore leccese, soprattutto nell’uso della parola e nell’eleganza del canto legato. Cantante, attore e compositore, Carlos Gardel è davvero il mito indiscusso del tango, anzi, uno dei più grandi miti del mondo dello spettacolo. Con il brano che da inizio al concerto: “Melodia de arrabal” ci catapultiamo nel suo mondo musicale, iniziando ad assaporare l’atmosfera iniziale di un viaggio memorabile e ricco di suggestioni. Siamo a Buenos Aires all’inizio del secolo scorso, nei centri pulsanti della vita della città, che in lingua castigliana si chiamano “Arrabal”. La storia ci porta il tema dell’amore vissuto e consumato proprio negli angoli di questi quartieri.
Quando una storia d’amore finisce, svanisce anche il suo incantesimo, ogni cosa e ogni luogo che sembravano meravigliosi proprio per via della persona amata, si presentano ora agli occhi nella loro cruda realtà perché ci si ritrova inchiodati nelle strade dello stesso quartiere, proprio come a una croce, in attesa che si riaccenda la fiamma di quell’amore perduto e non più corrisposto. Ma cosa giustifica l’efficacia di questo “Crossover”. Esiste uno stretto legame tra il melodramma, il belcanto e il tango canciòn. Il periodo storico che va dal 1890 al 1940 ha rappresentato una delle epoche più brillanti di tutti i tempiper la vocalità maschile. Carlos Gardel nasce e muore in quel periodo della storia e, servendosi della vocalità a lui contemporanea espressa dai grandi cantanti d’opera, dà origine allo stile della canzone del tango. Allacciò rapporti di amicizia con i più grandi interpreti lirici del tempo, come Enrico Caruso, Titta Ruffo e, appunto, Tito Schipa. L’Amiata Piano Festival ripropone al pubblico, dopo moltissimi anni, il brano di quest’ultimo: “El gaucho”. I gaucho sono stati personaggi celebrati e romanzati in molte storie della letteratura sudamericana come “uomini d’onore”. È Natalia ancora una volta a introdurci nella trama: “La storia che ci racconta il tenore leccese non è un’invettiva contro il tradimento ma, al contrario, un sermone che l’uomo ingannato fa alla sua donna, rimproverandola di averlo tradito con la persona sbagliata, che prima o poi la farà soffrire. Quell’uomo infatti non è un vero gaucho ma non è altro che un “ladròn!”
La nostra passeggiata continua con altri due bellissimi tanghi scritti da Carlos Gardel. Il primo è “Sus ojos se cerraron” (Si chiusero i suoi occhi), che è stato tradotto per la prima volta nella storia in lingua italiana affinché il pubblico apprezzasse la sua straordinaria poesia. Il protagonista piange la morte prematura della persona amata in un incalzare di metafore che richiamano l’atmosfera del melodramma. La seconda, “Mi Buenos Aires Querido” è forse la canzone di tango più famosa a Buenos Aires, ascoltandola sembrano solidificarsi sotto i nostri occhi le sue strade, i locali, i quartieri. Interrompe la sequenza di tango canciòn il medley orchestrale “Gardel”, dedicato sempre alle sue canzoni ma con il contributo della figura di Francisco Canaro, uno dei suoi arrangiatori più importanti.
In questa seconda sezione ci spostiamo all’interno di una “Milonga y Bolices” che è il bar delle città del Rio della Plata 85utceq. La Milonga è il tipico locale in cui si balla il tango e in questo molto spesso il corteggiamento amoroso fa parte del gioco. Proprio il tema della seduzione è il soggetto del prossimo brano, di cui Tito Schipa ha scritto sia le parole che la musica. Egli si presenta nel mondo musicale di quel tempo come un vero precursore del “Cantautor”. Il testo di questa canzone è davvero seducente: una donna passa accanto a un uomo come in una dolce visione, la sua bocca incarna la sensualità e la passione. I suoi occhi però, pur essendo bellissimi, non sembrano purtroppo sinceri “Ojos lindos y mentirosos” è il titolo. Il protagonista della prossima storia racconta le sue disavventure amorose in “Cuesta abajo” (Questo mio fallimento). Nelle storie d’amore si gioisce e si soffre in un’alternanza di alti e bassi, a volte con il rimpianto del tempo passato, che mai più ritornerà.
Un altro coinvolgente racconto parla dell’incontro inaspettato con una persona, amata tanti anni fa, che ritorna e vorrebbe convincere l’ex amante a iniziare da capo la loro storia d’amore. L’esperienza però insegna che queste cose raramente funzionano poiché le ore trascorse non tornano mai indietro e non si possono resuscitare i fantasmi del passato. È quello che racconta “Volvìo una noche”. “El dia que me quieras” è l’ultima canzone scritta da Carlos Gardel prima della sua tragica morte. Narra una storia sofferta, tragica, melodrammatica, Fabio Armiliato la definisce (come tutte le altre) un’opera lirica condensata in tre minuti. Qui si parla, finalmente, di amore corrisposto. È una delle più celebri e conosciute canzoni scritte in quegli anni, diventata subito un grandissimo successo e interpretata molto spesso anche da famosi cantanti d’opera per la bellezza delle sue melodie. L’ultima sezione del concerto si apre all’insegna dell’arte filmica: il “Cinema y tango” e lo fa ancora con un omaggio a Tito Schipa, eseguendo un altro suo brano che stavolta è solo strumentale, dal titolo “El coquetón”, con la coreografia originale creata da “Los Guardiola”. Questa composizione farà scrivere ai critici argentini parole di elogio: “Tito Schipa non è più per noi un artista straniero perché dal momento che è entrato nella nostra terra ha imparato immediatamente a sentire il tango come è stato concepito”. La tango canciòn ha uno stretto legame col cinema, vede la sua diffusione e la sua popolarità proprio in corrispondenza dell’avvento del film spagnolo.
Sia Schipa che Gardel interpretarono molti film agli inizi degli anni ’30, dopo l’avvento del cinema sonoro. Le pellicole con le interpretazioni di Gardel riscossero un grandissimo successo di pubblico e contribuirono alla popolarità del genere, soprattutto del suo massimo interprete. Dal film “Melodia de arrabal” è tratto il prossimo brano che ascoltiamo, il quale si occupa di un tema importante come la guerra. Una tromba lontana intona il silenzio, una madre dondola una culla, lei cresce con amore i suoi cinque figli che le vengono però un giorno strappati per essere mandati ad affrontare la morte sul campo di battaglia. Una storia che si ripete da secoli e che spezza il cuore ai genitori, soprattutto quello delle madri che crescono e accudiscono i propri figli aspettando con ansia il loro ritorno. Quando Simone Tolomeo suona il silenzio sul suo bandoneon, l’assenza di qualsiasi rumore in sala è tale che si potrebbe tagliare con il coltello. Il connubio tra film e tango potrebbe indurre a qualche perplessità, nasconde invece forti suggestioni e solide analogie sin dalla nascita del cinema sonoro. Il tema della nostalgia e del ritorno era molto presente nei film dell’epoca, si faceva portavoce di un gran numero di persone che all’inizio del secolo scorso avevano lasciato il proprio paese per trovare fortuna nell’estuario del Rio della Plata. Il prossimo pezzo tocca proprio quest’argomento ed è tratto dal film “El dia que me quieras”. Il suo titolo ha ispirato anche un altro capolavoro del cinema, il film di Pedro Almodovar interpretato da Penelope Cruz: “Volver”. Attrazioni diverse evoca “To Rome with Love”, diretto dal grande Woody Allen, protagonisti Penélope Cruz oltre a Roberto Benigni e lo stesso Woody Allen.
Da questo film viene proiettato l’episodio di Fabio Armiliato sotto la doccia che canta la celeberrima romanza “E lucevan le stelle” dalla Tosca di Giacomo Puccini, con uno strepitoso acuto finale. Un episodio memorabile diventato un “cult” nella storia del cinema. Rimaniamo sul tema della nostalgia con una delle più belle melodie scritte sull’argomento. Tratto dal film “Tango Bar”, ascoltiamo ” Lejana tierra mia”. Anche Tito Schipa, come accadde a molti interpreti del melodramma in quegli anni, girò diversi film. “Tre uomini in frak” con i fratelli Edoardo e Peppino De Filippo fu uno dei primi di questo genere ed ebbe un successo enorme. Nella versione italiana è andato purtroppo perduto, ma rimangono le sue canzoni, una di queste  si chiama “Esperanza” e ci racconta quanto l’amore e il tormento siano compagni della passione e soprattutto della speranza di veder coronare il sogno di conquistare la persona amata. Tito Schipa ha scritto le parole di questo brano ed è inconfondibilmente sua anche la parte melodica. Il nostro viaggio nel cinema prosegue con la tango canciòn più popolare scritta da Carlos Gardel e contenuta nel film “Scent of Woman”, remake dell’omonimo “Profumo di donna” del 1974 diretto da Dino Risi con Vittorio Gassman. La pellicola raccolse un premio Oscar per la straordinaria interpretazione di Al Pacino. Il grande attore americano interpreta il ruolo di una persona non vedente che si lancia sulla pista da ballo e sulle note del famosissimo tango di “Por una cabeza”, da vita a una delle scene più toccanti della storia del cinema.
Con il prossimo e ultimo brano “Tango cantor” ritorniamo a casa perché la nostra lunga passeggiata volge al termine. Vuole essere un omaggio inedito dedicato a Tito Schipa e Carlos Gardel, per tutto quello che ci hanno lasciato. Composto da Fabio Armiliato e arrangiato dal maestro Fabrizio Mocata, nasce proprio dallo spunto di un tema preso in prestito da una delle più grandi opere liriche mai scritte: l’Otello di Giuseppe Verdi e composto su ritmo di tango. Ci sembra il miglior modo di lasciarci, con questo abbraccio ideale tra l’opera lirica e il tango.
Esco assorto dalla sala, ancora in preda al sortilegio sonoro.
Fuori la luce del tramonto colora di rosso la meravigliosa distesa di verde della maremma grossetana.
Gli echi di una magia che fa fatica a spegnersi mi avvolgono ancora…

 


INTERVISTA A FABIO ARMILIATO

Alfredo Di Pietro: Il recital CanTANGO si presenta al pubblico come un progetto complesso. Intorno alla voce tenorile ruotano pianoforte, violino, bandoneon, contrabbasso, voce recitante e una coppia di ballerini straordinari come i Los Guardiola. Vorrebbe parlarci di questo emozionante progetto-spettacolo?

Fabio Armiliato: E’ nato per la passione che ho sempre avuto per il tango e anche per questa nostra radice italiana che ha contribuito alla sua crescita. Visitando tante volte l’Argentina mi sono innamorato di questa terra, anche perché parla molto l’italiano, compreso il genovese e io sono di Genova. Esiste in Argentina una grande comunità genovese che ha dato il suo contributo a costruire una società dove il tango si è sviluppato come una straordinaria forma musicale che non soltanto unisce la musica e il ballo, ma anche la poesia. L’idea è venuta spontaneamente. Conoscendo il maestro Mocata, mi sono innamorato di questo genere e insieme abbiamo cercato di portare il nostro contributo, stimolati dal fatto che la musica di Gardel è nota in tutto il mondo ma la sua morte prematura non ha fatto sviluppare molto questo genere. In Argentina tutti amano Carlos Gardel e le sue melodie, in realtà con lui avviene la vera nascita della musica leggera, con le sue interpretazioni nei film e anche con la sua facilità melodica che viene proprio dalla cultura italiana. Ci siamo quindi trovati a costruire un progetto con l’opportunità di diffondere un po’ di più la canzone e il tango, anche pensando che Tito Schipa, grandissimo tenore italiano rappresentante del belcanto, ha scritto e cantato dei tanghi.

ADP: CanTANGO è un grande omaggio al tenore Tito Schipa e a Carlos Gardel, cantante, attore e compositore argentino. E’ possibile individuare un tratto artistico che li accomuni?

FA: La grande personalità musicale prima di tutto e il notevole carisma che è tipico delle figure principali del mondo dello spettacolo. Li accomuna anche il fatto che entrambi hanno fatto cinema ed edificato una grande carriera, diventando punti di riferimento sia per i giovani che per le culture dei loro paesi. Inoltre si conoscevano, erano amici. Tito Schipa era già conosciuto in Argentina, al Colòn di Buenos Aires era una superstar. Ha insegnato canto a Gardel, che voleva interpretare l’opera. Da questo deriva il suo stile canoro educato, lui era quasi un belcantista che dava risalto alla parola. Questo è il motivo per cui ho creato il termine “Recital CanTANGO”, che proviene da “cantando”. Si tratta di un’espressione composita in cui la consonanza evoca l’idea della parola cantata espressa in musica, in fondo la genitrice dell’opera lirica.

ADP: Nel 1993 è avvenuta la sua consacrazione internazionale con il debutto al Metropolitan Opera, dove ha eseguito “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi. Quanto è importante per un artista del suo calibro la risposta del pubblico? Il feedback che riceve è in grado di “condizionare” la sua interpretazione?

FA: Esiste una parola che si chiama magnetismo, questo viene dall’interprete ma anche dal pubblico. E’ uno scambio reciproco e io credo che chi assiste a un concerto sia anche interprete, tutte le sere che va a teatro. Forse è un concetto che si dovrebbe sottolineare di più attribuendolo al pubblico, il quale magari pensa di andare soltanto ad ascoltare, ma lui stesso diventa interprete e quindi noi artisti riceviamo da lui quell’energia necessaria per poter rendere di più. Quando ci sono serate con un pubblico particolarmente caloroso, attento ed entusiasta, noi di conseguenza esaltiamo le nostre performance.

ADP: Qual è il ruolo, se ce n’è uno, che interpreta con maggior soddisfazione?

FA: C’è un ruolo che ho cantato di più in assoluto ed è quello di Mario Cavaradossi nella Tosca, l’ho rappresentato il maggior numero di volte in svariate produzioni. Ce n’è un altro però che mi è particolarmente caro: Andrea Chenier, che è stato per me fonte di legittimazione come artista, definito un po’ come il mio ruolo di riferimento. Io nasco con la voce di Beniamino Gigli, il quale era considerato l’Andrea Chenier per antonomasia, poi ho studiato con Franco Corelli, un altro grande Andrea Chenier. Non ho purtroppo potuto conoscere Mario Del Monaco ma sua moglie è stata la mia insegnante. È un personaggio insomma che ho potuto approfondire con le persone giuste.

ADP: L’opera lirica come Gesamtkunstwerke, cioè rappresentazione d’arte totale è oggi ancora in grado di emozionare folle di appassionati? Come vede la situazione in Italia e all’estero? Le istituzioni culturali cosa possono fare di più e di meglio per riavvicinarla ai giovani?

FA: Credo che l’opera lirica sia una delle più grandi manifestazioni teatrali esistenti, certamente quella più completa: c’è musica, teatro, spettacolo, scenografia, recitazione. L’Italia ha il privilegio di aver creato l’opera lirica, di averne costruito il successo attraverso i suoi più grandi compositori. Il numero di opere italiane, tra tutte quelle scritte, sono, senza esagerare, quasi i due terzi. Nel mondo l’opera lirica è simbolo di italianità, forse dovremmo ricordarcelo un po’ di più e dovrebbero ricordarselo soprattutto le nostre istituzioni e la politica, che un po’ trascurano l’arte e la cultura, salvo poi riempirsene la bocca nei discorsi. Nei fatti, la svuotano di contenuti stando lontano dagli artisti. Oggi si parla poco in televisione delle personalità importanti della musica lirica, della musica seria, senza nulla togliere ai colleghi (che amo) della musica leggera. C’è però una sproporzione nel messaggio che si dà ai giovani. Se la gente cominciasse di nuovo ad ascoltare, se i ragazzi, i bambini dall’infanzia sentissero di più l’opera lirica, s’innamorerebbero subito perché la voce cantata ha un fascino straordinario e rappresenta anche un fattore educativo. La voce è immediata, coglie una ricerca interiore poiché bisogna capire per cantare. È una disciplina che oggi, purtroppo, noi italiani che ne siamo stati missionari nel mondo, abbiamo un po’ dimenticata. Dobbiamo riappropriarcene e io spingo sempre i giovani a farlo.

Alfredo Di Pietro

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